N° 96

 

IL CASO DELLA DIFESA

 

1.

 

 

            Quando Natasha Romanoff, anzi la Romanova, come la chiama di solito lei, le ha chiesto di fare un controllo a Brooklyn per suo conto, Yelena Belova non è stata molto entusiasta. Occuparsi di piccoli criminali di quartiere non è esattamente il tipo di azione per cui è stata addestrata, ma non poteva rifiutare questo favore alla donna che l’ha preceduta nel ruolo di Vedova, (anche se la Romanova continua ancora a far uso di quel nome), non dopo quello che lei aveva rischiato per salvare la vita del Presidente russo.[1]

            Chissà come, Natalia Alianovna ha scoperto un collegamento tra il Punitore ed un piccolo malavitoso italoamericano, Mickey Fondozzi, che gestisce un‘autofficina, probabile punto di modifica e riciclaggio di auto rubate, e le ha chiesto di darci un’occhiata. Non le sarebbe costato troppo visto che il suo appartamento è proprio a Brooklyn.

            Yelena si aspettava una ricognizione noiosa ma ha trovato molto di più nell’autofficina di Mickey Fondozzi: il Punitore in persona in ginocchio che tossisce in cerca di aria, davanti a lui una tizia dai lunghi capelli rossi che indossa un costume nero simile al suo e soprattutto Devil steso a terra con Mickey Fondozzi in piedi sopra di lui che si appresta a colpirlo con una chiave inglese.

            Per una con l’addestramento della Chornaya Vdova[2] il pensiero e l’azione sono spesso la stessa cosa. Senza perdere tempo Yelena balza all’interno del locale e spara una scarica di Morso di Vedova contro Fondozzi facendogli cadere di mano la chiave inglese e facendolo anche cadere a terra prima che possa colpire Devil.

-Sei fortunato che il Morso di Vedova non sia letale da questa distanza.- lo ammonisce.

            La rossa tenta di impugnare una pistola ma dal bracciale sinistro di Yelena parte un’altra scarica che la colpisce al polso.

-Lo stesso vale per te.- la avverte -Alla prossima mossa ostile il colpo sarà letale, sappilo.-

-Credi di poter tenere a bada anche me?-

Il Punitore si è ripreso ed ora le punta contro una pistola. Per nulla impressionata Yelena punta il braccio destro contro di lui e replica:

-E tu credi che non ne sia capace?-

            Frank Castle la fissa negli occhi e vi legge una determinazione assoluta.

-Non ho nulla contro di te, ragazza.- dice infine -Ma tu e lui…- indica Devil che si sta muovendo -... state interferendo in una faccenda che mi sta a cuore.-

-Non mi interessa.- Yelena sorride -Sai? Mi sono appena resa conto di essere io quella in vantaggio.-

-Che vuoi dire?-

-Tu non userai mai quella pistola per uccidermi, è contrario alla tua etica: tu uccidi solo i criminali ed io non lo sono. Io, d’altra parte, sono pronta ad uccidere sia te che la tua amichetta senza la minima esitazione ed il minimo rimorso.-

            Il Punitore non muta espressione ma abbassa la pistola.

-Cosa proponi?-le chiede.

-La vostra resa immediata senza condizioni.- interviene Devil.

 

            Mi ero fatto sorprendere come un idiota dall’amico del Punitore ma probabilmente me la sarei cavata lo stesso anche senza l’intervento di Yelena Belova, non che non mi abbia fatto piacere s’intende.

Ma che ci fa la giovane Vedova Nera da queste parti? Mi riesce difficile credere che sia capitata qui solo per caso, piuttosto ho la sensazione che Natasha abbia voluto dimostrarmi a modo suo che anche se ora non può recitare il ruolo della donna d’azione, è sempre un passo avanti rispetto agli altri.

Lascerò le domande per dopo, adesso è il momento di risolvere le cose con il Punitore.

-Per una volta in vita tua, arrenditi senza combattere, Frank.- gli ribadisco.

-Tu lo faresti?- ribatte. 

            Qualcosa cade dalla sua mano sinistra.

-Attenta!- urlo a Yelena.

            Troppo tardi: una granata flash-bang esplode a contatto col pavimento.

Il lampo non può accecarmi ma il rumore è troppo per il mio udito ipersensibile. Cado in ginocchio portandomi le mani alle orecchie.

Il Punitore e la sua amica ne approfittano per scappare. Quando finalmente riesco a stabilizzare l’udito, sono ormai lontani.

-Tutto bene?- mi chiede Yelena -Sembra che tu l’abbia presa peggio di me.-

-Sono a posto.- replico -Quello che mi secca è che il Punitore mi è sfuggito, ma prima o poi ci incontreremo ancora.-

            E questo è certo.

 

            Diario di guerra del Punitore. Annotazione n. 1984. Potrei dire di avere avuto fortuna ma la mia vera fortuna è avere sempre un piano di riserva. La ragazza aveva ragione: non le avrei mai sparato ma la piccola granata stordente che stringevo nella mano sinistra l’ha comunque neutralizzata senza farle del male e lo stesso dicasi per Devil.

-Abbiamo dovuto lasciare lì il tuo amico Mickey.- commentò Kymberly Taylor seduta al mio fianco nel posto di guida del furgone.

-Non gli accadrà nulla.- sentenziai -Devil e quella Vedova non perderanno certo tempo a denunciarlo. Se la caverà con un po’ di mal di testa.--

-Ma sapranno comunque di lui, lo terranno d’occhio, ormai è bruciato.-

-Ho pensato anche a questo.- ribattei.

-Ma intanto anche la mia copertura è saltata.- si lamentò lei -Devil e la sua amica non ci metteranno molto a scoprire la mia identità.-

-Ne prenderai una nuova, non è certo un problema. Io lo faccio da anni. Ti abituerai, la clandestinità ha i suoi vantaggi.-

            Non sembrava molto convinta ma sapeva bene che non aveva scelta.

 

 

2.

 

 

            Ci sono abitudini a cui la mia compagna Natasha Romanoff, meglio nota nel mondo delle spie e dei supereroi come la letale Vedova Nera, non intende rinunciare anche ora che è al sesto mese di gravidanza ed una di queste è la cena settimanale in uno dei più eleganti ristoranti di New York e non c’è stato modo di dissuaderla.

            Mentre siamo seduti sul sedile posteriore della Rolls Royce guidata dal suo padrino Ivan Petrovitch , le chiedo:

-Vuoi dirmi, finalmente come facevi a sapere di Mickey Fondozzi?-

-Proprio non vuoi lasciare ad una donna i suoi segreti, èh Matt?- ribatte lei in tono divertito -Se proprio ci tieni a saperlo, un uomo che mi deve un favore mi ha fatto sapere che il Punitore e Fondozzi avevano, diciamo così, collaborato in passato, quando il Punitore si era infiltrato nella Famiglia Carbone fingendosi un killer di nome Johnny Tower. Ovviamente finì come quasi tutte le imprese del Punitore: con un sacco di morti. Ho pensato che ora che è tornato in città potesse mettersi in contatto con il vecchio amico Mickey ed ho chiesto alla piccola Yelena di dare un’occhiata. Il caso ha voluto che arrivasse proprio in tempo per darti una mano.-

            Dice la verità ma al tempo stesso non mi ha detto tutto, tipico di lei. Non insisto, so che sarebbe inutile, piuttosto faccio una riflessione ad alta voce:

-Cosa poteva volere uno come Frank Castle da un piccolo criminale come Mickey Fondozzi?-

-Mi sembra ovvio.- ribatte Natasha -Vuole un qualche tipo di veicolo modificato da usare nel suo piano di fuga delle Punitrici.-

            Ci ero già arrivato, ovviamente, ma il problema è un altro:

-E ora che Fondozzi è fuori gioco cosa farà?-

-Io ho un’idea.- ribatte Natasha ed io l’ascolto con attenzione.

 

            Le prime luci del mattino filtrano da una finestra illuminando un letto matrimoniale dove due donne giacciono nude e addormentate tra lenzuola disfatte.

            Improvvisamente la più giovane delle due, dai capelli neri lunghi e ricci, si sveglia e si alza di scatto a sedere esclamando:

-Oh Mio Dio!-

-Cosa c’è?- le chiede la sua compagna passandole una mano su una spalla.

-Il processo! Rischiamo di arrivare tardi. Il mio capo mi mangerà viva.-

            L’altra donna, una bruna di più di trent’anni dai capelli corti, dà un’occhiata all’orologio e dice:

-Calmati Kirsten, abbiamo tutto il tempo per una doccia veloce prima di partire. Arriveremo in Tribunale alle 9 precise.-

-La fai facile tu, Jeri.- ribatte la Vice Procuratrice Distrettuale Kirsten McDuffie -Ecco cosa accade a non dormire sino a tardi.-

-Non mi è sembrato che la cosa ti dispiacesse stanotte.- replica maliziosamente l’avvocatessa Jeri Hogarth.

            L’altra sorride suo malgrado.

-Sei il mio diavoletto tentatore, Jeri. Se nel mio ufficio scoprissero che abbiamo una relazione e che ti passo delle informazioni riservate, la mia carriera di Pubblico Ministero sarebbe finita.-

-Ma avresti un posto garantito nel mio studio, tesoro, quindi cadresti in piedi.-

-Se non mi buttano fuori dall’Ordine per violazione dell’etica.-

-Non accadrà, fidati.-

Jeri la bacia e Kirsten si calma. Sei una risorsa troppo preziosa per non proteggerti, tesoro, pensa l’avvocatessa… almeno finché sarai utile.


           
Matt Murdock entra nell’aula con passo fermo e si dirige al banco della Difesa proprio nel momento in cui la Giudice Sandra Franklin fa il suo ingresso dirigendosi al suo scranno.

Appena al suo posto si rivolge agli avvocati:

-La Difesa è pronta a procedere con la dichiarazione preliminare?-

-La Difesa di Rachel Cole-Alves è pronta Vostro Onore!- afferma con voce stentorea Matt.

-Anche la Difesa di Lynn Michaels è pronta Vostro Onore.- gli fa eco Jeri Hogarth.

            Matt si alza e con calma si avvicina al banco della Giuria. Solo pochi tra i presenti, tra cui il sottoscritto, sanno che non ha affatto bisogno di sondare davanti a sé usando il suo bastone da cieco e che i supersensi di cui lo stesso scherzo del destino che lo ha privato dell’uso degli occhi lo ha dotato compensano perfettamente la perdita della vista.

-Signori e signore della Giuria, sarò molto breve: la mia assistita è una donna coraggiosa che ha combattuto per il suo paese in zona di guerra, un evento che metterebbe a dura prova i nervi di molta gente. È tornata a casa per sposarsi ed il giorno stesso delle sue nozze un gruppo di gangster ha fatto irruzione nella sala dove si teneva il banchetto nuziale ed ha spietatamente sparato sui presenti. Rachel Cole-Alves è l’unica sopravvissuta di quel raid: ha visto morire tra le sue braccia l’uomo che aveva appena sposato con il suo sangue che le inzuppava il vestito bianco e lei stessa ha seriamente rischiato di morire. In una manciata di secondi il giorno dei suoi sogni è divenuto il giorno dei suoi incubi e la sua vita è cambiata per sempre. Mi chiedo: come reagireste voi, come reagiremmo tutti se ci accadesse una cosa simile? Stando all’Accusa ha deciso di farsi giustizia da sé seguendo le orme del Punitore ma l’Accusa è stata solo capace di trovare la prova che una volta ha sparato ad un supercriminale per proteggere la vita di un innocente. Decisamente un atto non contrario alla legge. Certo, quando l’hanno arrestata aveva indosso un giubbotto col simbolo del Punitore e stava aiutando l’altra imputata a sfuggire alla Polizia, non lo nego, ma è un crimine di minore gravità e giustificabile se pensate al suo stato d’animo in quel momento. La Difesa proverà senza alcun ragionevole dubbio che Rachel Cole-Alves ha agito in stato di stress post traumatico e non può essere ritenuta responsabile dei crimini a lei attribuiti.-

            Matt torna al suo tavolo mentre Jeri Hogarth si alza. Avanza verso la Giuria e parla con voce calma:

-Fino a che punto un uomo od una donna possono sopportare prima di cedere? Lynn Michaels era una brava poliziotta che cercava di fare il suo dovere, ma spesso doveva constatare che i suoi sforzi erano vani: ladri, rapinatori, stupratori e assassini venivano rilasciati grazie a cavilli o a giudici troppo indulgenti. All’improvviso qualcosa si è spezzato nella sua mente e lei ha passato un confine da cui non si torna diventando giudice giuria e boia di tutti coloro che a suo giudizio meritavano di morire. Una persona sana di mente lo farebbe? Io dico di no e confido che lo direte anche voi.-

            Mi chiamo Ben Urich, sono un giornalista e posso dirvi che le cose si stanno facendo interessanti.

 

 

3.

 

 

            George C. Cooper sta facendo colazione quando arriva una telefonata. L’anziano ex agente della C.I.A. guarda sul display e fa una smorfia prima di rispondere:

-Sam, vecchio mio, è sempre un piacere sentirti. Sei ancora in ospedale?-

<<Sono uscito oggi. Ho bisogno di parlarti, George. Di persona.>> risponde Stephen J. “Sam” North ed il suo tono non lascia dubbi a chi lo conosce bene come Cooper che sia per qualcosa di serio.

-Dimmi dove e quando.-

<<Nel mio appartamento tra due ore. Pensi di farcela?>>

-Nessun problema, a tra poco.-

            Cooper deve ammettere di essere curioso.

 

            Il mio primo teste è una psichiatra di fama nazionale: la Dottoressa Ashley Kafka, Direttrice del primo e tuttora unico istituto psichiatrico specializzato nel trattare supercriminali con disturbi mentali.[3]

            Si siede al banco dei testimoni e pronuncia la formula del giuramento. Mi avvicino e le chiedo:

-Dottoressa Kafka, su richiesta delle Difese lei ha esaminato le imputate Rachel Cole-Alves e Lynn Michaels, giusto?-

-Sì, è così, Avvocato Murdock.- risponde lei, tranquilla.

-Più avanti la mia collega che la difende le chiederà di Lynn Michaels, ora parliamo del Sergente Cole-Alves. Cosa può dirci del suo attuale stato mentale?-

-Ho detto rilevato chiari segni della presenza di un disturbo da stress postraumatico.-

-La cosa l’ha sorpresa?-

-No. Il Sergente Cole-Alves era reduce da un turno di servizio di sei mesi in zona di guerra ed ha fatto e visto cose di cui pochissime ragazze della sua età hanno avuto esperienza. A questo si deve aggiungere il trauma di vedersi uccidere il marito davanti agli occhi il giorno delle nozze. La decisione di usare l’addestramento datole dal Corpo dei Marines per colpire i criminali nasce da lì.-

-E secondo il suo parere professionale, è stata una decisione libera e cosciente?-

-No, è stata guidata dalla sua psicosi. Dovrebbe essere aiutata, non imprigionata.-

-La ringrazio, Dottoressa.-

            Torno al mio posto mentre dal banco dell’Accusa si alza il Procuratore Distrettuale Bill Hao in persona.

            Con calma si avvicina al banco dei testimoni e dopo i saluti di rito chiede:

-Dottoressa Kafka, si ricorda di Charlie Colòn?-

            Il nervosismo di Ashley Kafka è palpabile anche senza supersensi la sua voce è quasi un sussurro quando risponde:

-Sì, lo ricordo.-

            La mia collega di studio Bernie Rosenthal si china verso di me e mi dice:

-Siamo fregati, Matt?-

-Temo che tu abbia ragione.- sono costretto ad ammettere.

            Nel frattempo Bill Hao ha ripreso il suo controinterrogatorio:

-Non è forse vero che qualche mese fa lei ha testimoniato che Carlos Colòn, meglio noto come Charlie Colon, un serial killer che ha seminato decine di vittime dalla Costa Ovest sino a New York era completamente guarito e recuperato alla società e che grazie alla sua testimonianza è stato rimesso in libertà?-[4]

-Sì, è così.- risponde la Dottoressa cupa.

-E cosa è successo a Charlie Colòn dopo il suo rilascio?-

-È scomparso per poi riapparire, trasformato in un essere simile a Hulk, uccidendo varie persone tra l’Arizona e lo Utah.-[5]

-Fatte a pezzi, Dottoressa, non semplicemente uccise e tutto perché lei ha sbagliato diagnosi, è giusto?-

-Sì… è giusto.-

            La credibilità della mia teste è appena andata a gambe all’aria.

 

            Hell’s Kitchen, ufficialmente Clinton, è stato un quartiere difficile per anni. Povertà e crimine erano le piaghe che affliggevano la sua popolazione perlopiù di origine irlandese cattolica, ma i progetti di riqualificazione urbana e il declino della vecchia mafia irlandese stanno cambiando le cose in meglio.

             Zoran Radovic è un boss della mafia serba, un’organizzazione criminale che è determinata a mettere radici a Hell’s Kitchen.

            Come ogni mattino Zoran esce di casa scortato da due guardie del corpo per recarsi nell’ufficio che è il fronte legittimo delle sue attività. Si accomoda sul sedile posteriore della sua auto blindata con uno dei suoi scagnozzi al fianco ed un altro alla guida. Si sente al sicuro ma si sbaglia.

Un mini missile sparato da un tetto vicino centra in pieno la vettura. La carica esplosiva distrugge l’auto uccidendo sul colpo tutti gli occupanti e provocando vari danni tutt’intorno.

La conta dei morti e feriti sarà alta.

 

 

4.

 

 

            Ho lasciato la mia collega Candace Nelson a seguire il processo alle Punitrici e sono corso a fare quel che so fare meglio: il reporter investigativo.

Stranamente Candace non ha protestato. Deve avere qualcosa per la testa e spero che non sia nulla di pericoloso come l’ultimo guaio in cui si è cacciata.

Accantono questi pensieri non appena arrivo sulla scena del crimine. Come c’era da aspettarsi, la zona è tutta transennata. All’interno dell’area delimitata dal nastro giallo gli investigatori forensi stanno facendo i loro rilievi mentre ad osservarli ci sono un po’ di detective cittadini ed agenti federali. Ne riconosco due in particolare: Phil Corrigan del F.B.I. e il Tenente Terenzio Oliver Rucker del Dipartimento di Polizia. Parlottano fra loro e vengono raggiunti da una donna attraente dai capelli castani raccolti a coda di cavallo che indossa un giubbotto scuro con un distintivo appuntato sul bavero, una Federale sicuramente ma da questa distanza non riesco a capire di quale agenzia.

Rucker mi vede e mi raggiunge.

-Urich, sempre a caccia di notizie per quel tuo giornalaccio, vedo.- mi apostrofa.

-Più di un milione di lettori ogni giorno non sarebbero d’accordo con la tua definizione del Bugle, Rucker.- ribatto.

-Sai quanto me ne frega.-

-Di buon umore come sempre, vedo. Immagino, dunque che non mi dirai nulla su quanto è successo.-

-Lo vedi da te quello che è successo: qualcuno ha deciso di ammazzare un tizio e non si è limitato a sparargli in faccia. Risultato: otto morti e 14 feriti.-

Mentre parliamo, ci raggiungono anche gli altri due e finalmente riconosco il distintivo che la ragazza porta al bavero.

-Sapete già chi era il bersaglio?- chiedo -Un boss del crimine organizzato forse? Per questo sei qui anche tu. Rucker? O magari è stato un attentato terroristico e questo spiegherebbe la presenza di Corrigan e di un’agente dell’A.T.F.-[6]

-Segui la conferenza stampa di stasera e saprai tutto.- ribatte Terenzio.

-Tutto quel che vorrete dirci, ma probabilmente non tutto quello che il pubblico avrebbe il diritto di sapere.-

-Sparisci, Urich.-

-Non puoi bloccare la libera stampa, Rucker.-

-Ma posso sempre provarci.- ribatte lui con un sogghigno.

 

            Michael “Napper” French si sente un dinosauro, e non solo per l’età ormai non più verde, è l’ultimo esponente di una specie ormai in via di estinzione: il gangster irlandese. Beh, non proprio l’ultimo a pensarci bene, c’è sempre il vecchio Eric Slaughter. Ma poco importa: i vecchi tempi sono finiti ormai e difficilmente torneranno. Non che questo interessi all’uomo di fronte a lui.

            Napper French non ha mai avuto paura di nessuno ma quell’uomo gli fa correre un brivido lungo la schiena. Non ha dubbi che se non gli piacesse come risponderà alle sue domande sarebbe capace di farlo uccidere all’istante e magari lo farebbe personalmente.

            Siede in una poltrona avvolta dalla penombra che impedisce di vedere bene la sua faccia e Napper ne è ben lieto: gli è bastata la prima volta che l’ha vista per desiderare di non ripetere presto l’esperienza.

-Allora…- dice l’uomo con voce roca -… non ci sono neutrali in questa guerra: o sei con me o contro di me. Decidi in fretta, vecchio.-

-Sto dalla tua parte, ovviamente.- risponde French -Se davvero saprai rinverdire i fasti dei Westies…-[7]

-Non dubitarne, vecchio: ci riuscirò.-

Ed è proprio questo che French teme.

 

            Matt prova a rimettere insieme i cocci ma temo che la giuria ricorderà più facilmente il fallimento più grande della Dottoressa Kafka che i suoi indubbi successi nel curare e riabilitare supercriminali pericolosi come Vermin.

                Ora è il turno del primo teste di Jeri Hogarth. Anche lei ha chiamato a deporre una psichiatra: la Dottoressa Andrea Sterman, giovane e attraente ma con un curriculum impressionante. Fidatevi: la vostra Candace Nelson è una che fa bene i suoi compiti, anche se ha la tendenza a cacciarsi nei guai troppo spesso.

                La Dottoressa Sterman si siede sul banco dei testimoni sistemandosi pudicamente la gonna forse un po’ troppo corta. Ha l’aria spaesata ed il tipo che riesce facilmente simpatica alla Giuria.

                Jeri Hogarth le sorride come per tranquillizzarla, è brava in questo genere di sceneggiate, devo ammetterlo

-Dottoressa Sterman, non la tratterrò molto.- esordisce -Lei è una consulente del Governo Federale, è corretto?-

-Beh sì…- risponde la Sterman -… ma collaboro anche con le autorità locali ed ho anche dei pazienti privati.-

-Non è forse vero che ha esaminato le imputate per conto della Procura Distrettuale della Contea di New York?-

-Mi è stato chiesto e l’ho fatto, sì.-

-Eppure non ho visto il suo nome nella lista dei testimoni dell’Accusa, tanto è vero che ho dovuto chiamarla io, come mai?-

-Non saprei, non sono decisioni che spettano a me.-

-Non può essere che al Procuratore non piacessero le sue conclusioni?-

-Obiezione!- scatta la Vice Procuratrice Kirsten McDuffie -Si sta chiedendo alla teste di fare illazioni.-

                Jeri Hogarth sorride compiacente e replica:

-Per carità, ritiro la domanda.- si volge di nuovo verso la psichiatra -Vuole, per cortesia, illustrarci le sue conclusioni, Dottoressa Sterman?-

                La ragazza esita qualche istante, poi dice:

-È mia opinione professionale che entrambe le imputate soffrano di un serio disturbo da stress postraumatico che potrebbe aver minato le loro capacità di decisione.-

                Ottimo colpo Jeri.

 

 

5.

 

 

            George C. Cooper suona il campanello dell’appartamento di Sam North e ad aprirgli la porta è una bionda attraente che potrebbe avere 25/30 anni. Indossa un vestito rosso corto e senza maniche.

-Mr North la attende, Mr. Cooper, mi segua.- gli si rivolge senza preamboli.

            Accento di Belfast? Sam si è scelto per aiutarlo durante la convalescenza una sexy badante nordirlandese? Beh, è nel suo diritto, eppure… non ha già visto il suo viso da qualche parte?

La donna gli fa strada fino al soggiorno dove il padrone di casa è seduto su una poltrona.

-Ti trovo sempre meglio, Sam.- gli dice Cooper in tono cordiale.

            North gli rivolge una lunga occhiata ed alla fine replica:

-Ho pensato a quello che mi hai detto l’ultima volta che ci siamo visti ed alla fine ho deciso di darti io un avvertimento.-

            Cooper sente la fredda canna di una pistola contro la nuca. Volta la testa e vede la bionda che tiene una Sig Sauer con entrambe le mani e sorride. North prosegue:

-Miss O’Hara non è la mia infermiera ma una killer addestrata.-

-Dall’I.R.A.[8] presumo.- ribatte Cooper ostentando tranquillità.

-Questo non ha importanza. Quello che conta è che se qualcosa di male dovesse accadere a mia figlia Dakota, lei ti verrà a cercare e ti ucciderà. Questo è tutto.-

-Ti ho già detto che io non c’entro con…-

-Non m’interessa. Se non sei coinvolto, sono certo che sai comunque chi lo è ed in questo caso mi aiuterai a fermarlo, oppure…-

            La minaccia rimane sospesa nell’aria, poi è la donna a rompere il silenzio:

-Se ci tiene a saperlo, Mr. Cooper, mi ha addestrata Finn Cooley.-

            Ora George Cooper sa che è davvero il caso di avere paura.

 

            Le prime ombre della sera sono calate ormai da tempo ed io sono solo in redazione quando una voce echeggia alle mie spalle:

-Cosa sai dei recenti attentati a Hell’s Kitchen, Ben?-

Mi volto di scatto ed ovviamente mi trovo davanti Devil.

-Uno di questi giorni le tue entrate drammatiche mi faranno venire un colpo, Matt!- esclamo.

-Ne dubito.- ribatte lui sorridendo -Sei troppo duro. Ora perché non mi dici quello che sai?-

-Non è molto. Hanno identificato il probabile bersaglio dell’attentato: un boss serbo. Non ci sono apparenti collegamenti con l’autobomba dell’altra sera, tuttavia…-

-… tu pensi che sia stata opera della stessa mano. Anch’io.-

-Una guerra di bande a Hell’s Kitchen? Da quanto non accadeva: dagli anni 80?-

-Certe cose non passano mai di moda, Ben.- replica, cupo, Matt.

 

            Eric Slaughter esce dal suo ufficio al porto e si avvia verso un’auto in attesa ed è quando è ormai vicino che balzo sul tettuccio.-

-Dobbiamo parlare.- dico.

-Devil!- esclama l’anziano gangster irlandese -Quando ti deciderai a lasciarmi in pace? Ti ho già detto che sono in pensione, fuori dal giro.-

-Ed io ti credo, Slaughter…- ribatto -… ma sono anche convinto che hai abbastanza contatti nel tuo vecchio ambiente da avere un’idea su chi vuole terrorizzare Hell’s Kitchen usando autobombe e missili.-

-E se anche fosse, perché dovrei dirlo a te?-

-Perché ho la sensazione che stavolta abbiamo lo stesso interesse. Mi sbaglio?-

Slaughter tace riflettendo. Percepisco che sta per parlare quando il mio superudito avverte un rumore lontano.

Scatto balzando su Slaughter e spingendolo lontano. Pochi attimi dopo la sua auto esplode.

-Ripetimi ancora che non sei coinvolto.- gli dico.

            Slaughter tace ma il suo cuore batte furiosamente.

 

 

CONTINUA

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Che dire? Non molto, per la verità, quindi non perdiamo tempo:

1)    Napper French è un personaggio creato da Garth Ennis & Leandro Fernandez su Punisher Max Vol. 1° #8 datato agosto 2004;

2)    Miss O’Hara e liberamente, molto liberamente ad essere onesti, ispirata a Tulip O’Hare, personaggio di Preacher, la controversa serie di Garth Ennis & Steve Dillon per la Vertigo.

Nel prossimo episodio: il destino delle Punitrici, l’escalation della guerra di Hell’s Kitchen, Candace Nelson ad un bivio e molto altro.

 

 

Carlo



[1]Come visto su Vendicatori Segreti #29.

[2] Vedova Nera in Russo.

[3] Il Ravencroft Asylum per chi non lo sapesse.

[4] Hulk MIT #29.

[5] Come visto in recenti episodi di Hulk MIT.

[6] Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms, and Explosives, l’agenzia federale del Dipartimento della Giustizia che si occupa del controllo del commercio della armi, tabacchi e liquori ed investiga su eventi causati da esplosivi.

[7] La più famosa banda di gangster irlandesi di Hell’s Kitchen.

[8] Irish Republican Army: Esercito Repubblicano Irlandese , organizzazione oggi terroristica contraria al governo del Regno Unito che ha da tempo cessato la lotta armata a parte un paio di fazioni di irriducibili.